Hannibal – la serie tv: la recensione

Skull“It’s beautiful.”

Quando ho concepito questo blog all’inizio non era solo per condividere i miei lavori. Mi sarebbe piaciuto scrivere articoli e recensioni su tutto quel che vedevo, o mi passava per la testa. All’inizio ci ero riuscito, avevo persino realizzato delle vignette settimanali in collaborazione con una pagina facebook su cinema e fumetti. Impegni universitari, troppo materiale da voler realizzare, poco tempo e poca voglia, o semplicemente dei lavori che non mi soddisfacevano e che alla fine non finivo o non pubblicavo sul blog. Alla fine è diventato solo il blog dove pubblico i miei lavori, e mi va bene così.

Però questa volta voglio fare un eccezione. E voglio parlare di qualcosa che ho appena visto. Più precisamente di qualcosa che ho appena finito di vedere.

In America è appena finita la terza (e tristemente ultima) stagione della serie tv Hannibal, basata sui romanzi di Tomas Harris. Una serie che ho seguito sin dall’inizio alla fine, ogni anno, ogni settimana, fino a questo momento. Ma prima di parlare di questa bellissima serie, parliamo di come ho conosciuto il Dottor Lecter.

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Era la seconda media, credo. Sfogliavo spesso il mio libro di italiano, era piuttosto interessante. C’erano varie raccolte di tavole a fumetti di decine e decine di personaggi: Peanuts, Mafalda, Corto Maltese, Dylan Dog, eccetera. Un gran bel libro scolastico. Oltre ai fumetti, c’erano pagine sul cinema, con schede di film che anni dopo avrei adorato, come Amadeus, Stargate e il Dracula di Coppola. Ma tra quei vari film, ce ne fu uno che mi attirò particolarmente.

Si chiamava Il Silenzio degli Innocenti.

La storia di una agente dell’FBI che deve chiedere consiglio ad uno psichiatra in manicomio, un serial killer cannibale, per catturare un altro serial killer che rapisce e uccide donne per scuoiarle e realizzare un “vestito da donna”.

Temi non proprio adatti per un libro scolastico.

Però lo trovai una figata.

Non molto tempo dopo in edicola realizzarono una collana di dvd chiamata “Serial Killer collection” o qualcosa del genere, e la prima uscita era proprio Il SIlenzio Degli Innocenti, che ovviamente comprai subito.

Divenne il mio film preferito, all’epoca (tutt’ora è nella mia top 10, comunque).

In seguito mi procurai tutti i film e quasi tutti i romanzi (mi manca il terzo), quindi si, son davvero un grande fan dei personaggi di Harris.

E qui ci porta alla serie tv.

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Quando venne annunciata ero parecchio scettico, avevo paura di troppi stravolgimenti e di un prodotto inferiore ai romanzi e al film di Jonathan Demme o ad una specie di mediocre CSI: Hannibal Lecter.

Fortunatamente, mi sbagliai (in parte, ma ci arriveremo in seguito).

Prima di tutto, venne annunciato il cast.

Cercate di capire che sono molto affezionato al buon vecchio Anthony Hopkins: è il mio attore preferito e in più è soprattutto per lui che amo quel film. Tutta la violenza e le scene piuttosto forti non mi disturbavano affatto. Ma Hopkins… Hopkins, cazzo. Uno sguardo gelido, e ogni volta mi sento un peso sullo stomaco. Come se mi guardasse dallo schermo pregustando il suo prossimo pasto: me.

Quindi, chi potrebbe raccogliere la pesante eredità di una tale leggenda?

All’epoca l’unico che mi venne in mente fu “il cattivo di Casinò Royale ci starebbe bene”, ironicamente fu proprio il cattivo di Casinò Royale, Mads Mikkelsen a raccogliere l’eredità di Hopkins, riuscendoci perfettamente. Il resto, se mi permettete, è storia.

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Ora, questa non vuole essere una di “quelle” recensioni. Non parlerò del lato tecnico del film perché… sarebbe scontato:

Regia e sceneggiatura impeccabile, interpretazioni sublimi, musiche ottime, insomma, tutto ciò che fa di una serie una gran serie.

Hannibal non ha nulla da invidiare a serie come Breaking Bad, I Soprano, Sherlock o Twin Peaks, per citarne alcune. Ma ha avuto l’ingiustizia di non avere la stessa popolarità e lo stesso audience delle suddette, portando alla prematura cancellazione della serie alla terza stagione.

Quindi ribadito ciò, vorrei far presente che la mia sarà una recensione “spirituale” della serie.

Se siete arrivati fin qui senza esservi rotti i cosidetti, vi spiego cos’è Hannibal.

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Attenzione: potenziali spoiler della serie e dell’ultimo episodio.

Nonostante la serie si chiami “Hannibal” il vero protagonista della vicenda è Will Graham, un profiler dell’FBI, un investigatore speciale che viene chiamato per una sua particolare abilità: guardando una scena del delitto di un serial killer riesce a ricostruirne i dettagli e prevedere come e dove potrebbe colpire ancora. Questo particolare “dono” lo fa sembrare uno psicopatico, e questa sua nomea e una instabilità mentale appena accennata non lo hanno reso un vero agente dell’FBI.

Durante un caso si trova costretto ad uccidere un serial killer. Questo sarà l’inizio del suo rapporto con Hannibal Lecter, uno psichiatra esperto di criminologia che aiuta l’FBI con i casi di Serial Killer e autore di quasi tutti gli omicidi di cui indagano i federali. Ma questo è ovvio.

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Il fulcro della serie è il rapporto tra i due protagonisti, Will e Hannibal. Ci sono parecchi altri personaggi e altre storie, ma mi voglio concentrare solo su loro due, “l’anima” della serie.

Tra Will è Hannibal c’è un rapporto di sincera e reciproca amicizia, se Will vede all’inizio in Hannibal una persona che può comprenderlo e aiutarlo a contrastare le sue turbe mentali, Hannibal vede in lui una persona come lui, da un potenziale che lui ha sempre represso.

Perché si, e questo l’ho trovato chiaro nelle ultime scene dell’ultimo episodio, Will è un serial killer represso.

Questa è la storia di un uomo dai sani principi morali che reprime i suoi desideri e istinti omicidi per provare a fare del bene, per salvare vite e riuscire ad avere una famiglia. E ci sarebbe riuscito, se non fosse per Hannibal.

Hannibal non è un serial killer come tanti. Anzi, come tutti.

Lui non è pazzo, è intelligente e brillante, freddo e calcolatore. Un vero genio.

E in Will vede il suo riflesso: un potenziale genio criminale, capace di entrare nelle teste dei criminali e riprodurre ogni loro azione. Un allievo, che potrebbe superare il maestro.

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E Will questo lo sa. Appena uccide Garret Jacob Hobbs, il “Gufo del Minnesota” resta traumatizzato dall’ebbrezza che ha provato nell’uccidere. Ed è qui che inizia il suo decadimento, fisico e mentale, che verrà sfruttato e manipolato da Hannibal, per cercare di far emergere la vera natura di Will.

Will si affeziona ad Abigail, la figlia di Hobbs, a cui ha salvato la vita. Quel che Will non sa è che Abigail è complice dei delitti del padre, ed è esattamente come lui e Hannibal. E il cannibale lo sa bene, tanto da accudirla segretamente come una figlia, sognando il giorno in cui Will si unirà a loro per diventare una famiglia.

Nonostante la storia si prenda molte libertà dai romanzi (e lo fa bene) non solo riesce a rendere più interessante ed umano il personaggio di Will (spesso sottovalutato e sacrificato nelle precedenti trasposizioni del romanzo in favore di Clarice Starling), ma distrugge ogni stereotipo dell’agente che vuole catturare il killer.

Qui il killer vuole che l’agente si unisca a lui, e l’agente ne è davvero tentato.

Per quanto Will si sforzi di odiare Hannibal per tutto quel che ha fatto, non c’è odio tra i due. Hannibal distrugge e manipola la vita di Will: fa in modo di incastrarlo per i suoi omicidi, uccide Abigail davanti ai suoi occhi (come punizione per aver ingannato Hannibal facendo il doppio gioco per conto dell’FBI) e manda il Drago Rosso per uccidere la sua famiglia (fallendo) come punizione per aver voluto una vita normale, rinnegando la sua natura, la stessa di Hannibal: un Dio della Morte.

E quando Will decide di dire addio per sempre ad Hannibal, il killer decide di consegnarsi alla polizia.

“Voglio che tu sappia dove cercarmi”

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Ed è negli ultimi, bellissimi momenti del finale, in cui Will e Hannibal si alleano per uccidere il Drago Rosso allo stremo delle forze e sanguinanti che il culmine arriva.

“Era questo, che ho sempre voluto per te.”

“È bellissimo.”

Alla fine succede. Will abbraccia (metaforicamente e letteralmente) la sua vera natura, in un momento carico di tristezza e commozione, e sapendo che dopo questo non potrà mai tornare indietro, decide di compiere un salto nell’oscurità (anch’esso metaforicamente e letteralmente) portandosi Hannibal con sé.

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Questa è stata la storia di un uomo che ha combattuto. Un uomo che ha combattuto il suo lato oscuro, ha sofferto, è stato ferito, picchiato, gli hanno portato via le persone che amava per far prevalere i suoi principi e la sua moralità. Ma qualcuno più oscuro di lui gli ha fatto vedere l’abisso. E gli è piaciuto. E quindi non poteva sopportarlo.

È la fine. Una bellissima fine. E se decideranno di salvare la serie mostrandoci come continuerà la storia ne sarò più che felice.

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Ma per ora, abbiamo avuto un finale degno della serie capolavoro che è. E che finale!

Grazie ragazzi. Son stati tre anni fantastici.

Chiedo perdono se a qualcuno la recensione potrà essere sembrata inutilmente lunga o poco chiara, ma è stato un esercizio di scrittura e riordinamento dei pensieri. Spero che comunque possa essere piaciuta.